mercoledì 31 ottobre 2018

#SAMAINSASANIMAS


#SAMAINSASANIMAS
l’Europa, tra cui anche alcuni luoghi del sud Sardegna. Nella tradizione
sarda questa festa assume nomi diversi: Sas Animas, Su
Mortu Mortu, Is doppiadoris, Is Frakkeras.. Le usanze sono molto
simili a quelle degli antichi Celti sotto molti aspetti. Non solo in
Sardegna, ma nel folclore di ogni zona d’Italia troviamo riti d’accoglienza
per i defunti che tornano, messi in atto soprattutto nella
notte che precede la ricorrenza dei morti e nei due giorni successivi.
I più frequenti sono: cibo e bevande lasciate sulle porte o sulle
finestre o sulla tavola oppure sulle tombe dei defunti, lasciare lumi
accesi per la casa ed il fuoco nel camino.
In Molise, nel comune di Venosa in provincia di Potenza, ad
esempio, dopo che il cadavere è stato portato al cimitero, i parenti
abbandonano la casa per un giorno ed una notte per permettere al
morto di tornare a rifocillarsi <Usanza, questa, presente in alcuni
paesi della Marmilla fino a trenta, quarant’anni fa>. (L. M.)
A Modica, in Sicilia, si crede ancora oggi che per i tre giorni
successivi alla sepoltura il morto rientri a casa per sfamarsi con
pane e per dissetarsi con acqua: per questo i parenti gli lasciano, di
notte, la porta di ingresso socchiusa e puntellata con una sedia,
sulla quale viene posato pane fresco in abbondanza.
In diversi paesi dell’Aspromonte, in Calabria, in autunno i
morti tornano addirittura per un mese intero. Così le famiglie mettono
ogni sera sul tavolo un piatto ricolmo di cibo, la bottiglia del
vino, una brocca d’acqua. In qualche paese si lascia addirittura un
mazzo di carte da gioco, affinché i defunti possano ancora assaporare
i passatempi della vita.
In alcune regioni, come il Piemonte, si soleva per cena lasciare
un posto in più a tavola, riservato ai defunti che sarebbero
tornati in visita. Sempre in Piemonte la notte precedente la festa
d’Ognissanti i morti escono dalla loro tomba per ritornare a vedere
il loro focolare. In quei giorni non bisogna spazzare le camere
perché il movimento della scopa potrebbe arrecare danni alle anime
e persuaderle ad andarsene oppure a vendicarsi.
Il ciclo delle stagioni tra Celti e Sardi
In Val d’Ossola vi era una particolarità nel rito: dopo la cena,
tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando le case
vuote in modo che i morti potessero andare lì a ristorarsi in pace. Il
ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle campane, perchè
i defunti potessero ritirarsi senza fastidio.
In Puglia, ad Orsara, la festa veniva e viene ancora chiamata
Fuuc acost, e coinvolge tutto il paese. Si decorano le zucche chiamate
Cocce priatorje, si accendono falò di rami di ginestre agli
incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci. Anche qui comunque
gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti
agli angoli delle strade.
In Sicilia c’è l’usanza di preparare doni e dolci per i bambini,
ai quali viene detto che sono regali portati dai parenti trapassati.
I genitori infatti raccontano ai figli che se durante l’anno saranno
stati buoni e avranno recitato le preghiere per le anime dei defunti,
i morti porteranno loro dei doni.
A Palermo nella notte tra il
primo ed il due Novembre i morti lasciano la loro paurosa dimora
e scendono in città a rubare ai più ricchi pasticceri, ai mercanti, ai
sarti tutto ciò che hanno intenzione di donare ai loro parenti, soprattutto
i nipoti più piccoli.
I riti d’accoglienza per i morti erano presenti in tutta la Sardegna
e anche qui prevedevano delle cibarie rituali, soprattutto
pane e castagne.
A Siniscola la sera della vigilia del giorno dei morti si preparava
il pane in casa ed assieme alle brocche piene d’acqua questo
era lasciato sulla tavola così che nelle ore silenziose della notte
i defunti potessero rifocillarsi. Questi pani per i morti sono chiamati
panixeddas. Quella de Is panixeddas è una tradizione che si
ripete in Sardegna ogni anno, per il 2 Novembre. Tradizione che
(naturalmente) deriverebbe dallo spagnolo ed il nome panixeddas
significa “piccoli pani d’offerta”. Il primo Novembre in ogni casa
venivano accese delle lampade ad olio, le lantias, una per ogni
morto, e messe nella stanza più importante. Dopo la cena non si
sparecchiava la tavola, si lasciavano aperte anche le credenze perché
i morti si servissero del cibo. Al mattino presto, il giorno 2
Novembre era celebrata la messa in cimitero. I ragazzi, specialmente
quelli poveri, andavano, sempre al mattino, per le vie del
paese a chiedere is panixeddas. Venivano dati loro pane fatto in
casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci. I
dolci erano per lo più pabassinas e su pani ‘e saba. Per ringraziare
i bambini dicevano: “Deus si dhu paghet” e la risposta era “Deus
paghet tottu”. Ancora oggi i bambini seguono questa tradizione,
ma più per gioco che non per una vera e propria fede.
San Sperate (Cagliari) è uno dei paesi in cui in occasione
del giorno dei morti resiste questa tradizione molto curiosa. La
mattina del 2 Novembre si ripete il rito di is panixeddas. I bambini
del paese escono in gruppi bussando nelle case e nei negozi chiedendo
is panixeddas, e in risposta ricevono dei doni.
La tradizione è presente anche ad Arborea, dove i bambini
vanno in giro per il paese a chiedere sa panixedda. Ricevono un
pane particolare, oppure un dolce, o delle castagne. Per raccogliere
sa panixedda i bambini usano portare un grosso fazzoletto o
tovagliolo annodato che si impegnano accuratamente di riempire.
DA: "SHARDANAI CALCOLATORI DEL TEMPO" 
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