mercoledì 28 ottobre 2020

SAMAIN: SAS ANIMAS: Dalla tesi di laurea di F. Melis, pubblicata nel 2008



SAMAIN: SAS ANIMAS: Dalla tesi di laurea di F. Melis, pubblicata nel 2008 su: "SHARDANA I CALCOLATORI DEL TEMPO" <<Samhain cade la notte del 31 Ottobre ed è conosciuta dappertutto come la Festa dei morti. Questo era il tempo in cui le porte tra il nostro mondo e quelle del mondo ultraterreno si aprivano e gli spiriti dei morti potevano passare liberamente da un mondo all'altro. Per i Celti, che erano un popolo dedito all'agricoltura e alla pastorizia, la ricorrenza che segnava la fine dei raccolti e l'inizio dell'inverno assumeva una rilevanza particolare in quanto la vita cambiava radicalmente: i greggi erano riportati giù dai verdi pascoli estivi, e le persone si chiudevano nelle loro case per trascorrere al caldo le lunghe e fredde notti invernali passando il tempo a raccontare storie e a fare lavori di artigianato, riparandosi dal freddo, costruendo utensili e trascorrendo le serate a raccontare storie e leggende. Samhain era per i Druidi il momento in cui si poteva più facilmente prevedere il futuro. Come nelle altre principali feste del fuoco, a Samhain avveniva la celebrazione del passaggio da una stagione all'altra. La sacra relazione della vita con la morte era consacrata nella vigilia di "Samhain". Questo rito consisteva nello spegnere il Fuoco Sacro sull'altare e riaccendere il Nuovo Fuoco (che simboleggiava l'arrivo del Nuovo Anno) il mattino seguente al quale si attingeva per assicurarne di nuovo la presenza e il calore in tutte le case. Spegnere il fuoco simboleggiava che la metà oscura dell'anno stava sopraggiungendo mentre l'atto di riaccenderlo era simbolo di speranza e di ritorno alla vita, dando così a questo rifiuto la rappresentazione ciclica del tempo. Tra i Celti era consuetudine lasciare del cibo e delle bevande davanti alle abitazioni per placare le anime dei defunti. I parenti defunti erano infatti bene accetti, ma nella notte della festa circolavano anche presenze più pericolose ed inquietanti. Accanto ai morti di famiglia, vi erano quelli inquieti, in pena, adirati, vendicativi. Si credeva che queste anime, morte anzitempo col peso di colpe impersonate o questioni lasciate irrisolte, potessero essere vendicative. Ecco perché nella notte magica, se gli antenati di famiglia arrivano silenziosi e tranquilli per ritrovare posto a tavola, gli altri bussano alle porte e chiedono minacciosamente sostentamento. Usanza questa che è rimasta tuttora in molti paesi in tutta l’Europa, tra cui anche alcuni luoghi del sud Sardegna. Nella tradizione sarda questa festa assume nomi diversi: Sas Animas, Su Mortu Mortu, Is doppiadoris, Is Frakkeras.. In Molise, nel comune di Venosa in provincia di Potenza, ad esempio, dopo che il cadavere è stato portato al cimitero, i parenti abbandonano la casa per un giorno ed una notte per permettere al morto di tornare a rifocillarsi <Usanza, questa, presente in alcuni paesi della Marmilla fino a trenta, quarant’anni fa>. (L. M.) A Modica, in Sicilia, si crede ancora oggi che per i tre giorni successivi alla sepoltura il morto rientri a casa per sfamarsi con pane e per dissetarsi con acqua: per questo i parenti gli lasciano, di notte, la porta di ingresso socchiusa e puntellata con una sedia, sulla quale viene posato pane fresco in abbondanza. In diversi paesi dell'Aspromonte, in Calabria, in autunno i morti tornano addirittura per un mese intero. Così le famiglie mettono ogni sera sul tavolo un piatto ricolmo di cibo, la bottiglia del vino, una brocca d'acqua. In qualche paese si lascia addirittura un mazzo di carte da gioco, affinché i defunti possano ancora assaporare i passatempi della vita. In alcune regioni, come il Piemonte, si soleva per cena lasciare un posto in più a tavola, riservato ai defunti che sarebbero tornati in visita. Sempre in Piemonte la notte precedente la festa d’Ognissanti i morti escono dalla loro tomba per ritornare a vedere il loro focolare. In quei giorni non bisogna spazzare le camere perché il movimento della scopa potrebbe arrecare danni alle anime e persuaderle ad andarsene oppure a vendicarsi. In Val d'Ossola vi era una particolarità nel rito: dopo la cena, tutte le famiglie si recavano insieme al cimitero, lasciando le case vuote in modo che i morti potessero andare lì a ristorarsi in pace. Il ritorno alle case era poi annunciato dal suono delle campane, perchè i defunti potessero ritirarsi senza fastidio. In Puglia, ad Orsara, la festa veniva e viene ancora chiamata Fuuc acost, e coinvolge tutto il paese. Si decorano le zucche chiamate Cocce priatorje, si accendono falò di rami di ginestre agli incroci e nelle piazze e si cucina sulle loro braci. Anche qui comunque gli avanzi vengono riservati ai morti, lasciandoli disposti agli angoli delle strade. In Sicilia c'è l'usanza di preparare doni e dolci per i bambini, ai quali viene detto che sono regali portati dai parenti trapassati. I riti d’accoglienza per i morti erano presenti in tutta la Sardegna e anche qui prevedevano delle cibarie rituali, soprattutto pane e castagne. A Siniscola (Sardinia) la sera della vigilia del giorno dei morti si preparava il pane in casa ed assieme alle brocche piene d’acqua questo era lasciato sulla tavola così che nelle ore silenziose della notte i defunti potessero rifocillarsi. Questi pani per i morti sono chiamati panixeddas. Quella de Is panixeddas è una tradizione che si ripete in Sardegna ogni anno, per il 2 Novembre. Tradizione che (naturalmente) deriverebbe dallo spagnolo ed il nome panixeddas significa “piccoli pani d’offerta”.. I ragazzi, specialmente quelli poveri, andavano, sempre al mattino, per le vie del paese a chiedere is panixeddas. Venivano dati loro pane fatto in casa, fichi secchi, fave, melagrane, mandorle, uva passa e dolci. I dolci erano per lo più pabassinas e su pani 'e saba. Per ringraziare i bambini dicevano: "Deus si dhu paghet" e la risposta era "Deus paghet tottu". Ancora oggi i bambini seguono questa tradizione, ma più per gioco che non per una vera e propria fede. San Sperate (Cagliari) è uno dei paesi in cui in occasione del giorno dei morti resiste questa tradizione molto curiosa. La mattina del 2 Novembre si ripete il rito di is panixeddas. I bambini del paese escono in gruppi bussando nelle case e nei negozi chiedendo is panixeddas, e in risposta ricevono dei doni. La tradizione è presente anche ad Arborea, dove i bambini vanno in giro per il paese a chiedere sa panixedda. Ricevono un pane particolare, oppure un dolce, o delle castagne. Per raccogliere sa panixedda i bambini usano portare un grosso fazzoletto o tovagliolo annodato che si impegnano accuratamente di riempire. Nel Capo di sopra (Nord Sardinia) da sempre la castagna è associata al culto dei morti. Simbolicamente il frutto esce dalla scorza come il corpo resuscita dal sepolcro. In alcuni comuni del sud Italia è tradizione, il giorno di Ognissanti, cibarsi di castagne arrostite, mentre alla vigilia del giorno dei morti si riempiono calze di lana con castagne e mele e si sistemano vicino al letto dei bambini. Il giorno dopo i piccoli scopriranno che, durante la notte, i loro cari defunti sono andati a far loro visita. In altri comuni di Italia, come Bardolino in provincia di Verona, era tradizione per le famiglie, il giorno dei morti, dividersi i compiti tra chi andava al cimitero e chi rimaneva a casa a cuocere castagne. Erano il pane dei morti. Non a caso l’albero di castagno è anche detto l’albero del pane. Interessante notare che dal Medioevo all’età Moderna, gli abitanti dell’arco alpino e appenninico hanno fondato le proprie comunità solo dove vi fosse presenza di alberi di castagno e solo se questi potevano garantire frutti e legname. Si parla di una vera e propria civiltà del castagno, in cui tradizioni, statuti comunali, norme giuridiche e tecniche agronomiche nascevano e si impiantavano a dimostrazione che la civiltà si sviluppa e ruota intorno alla natura. . Una importante tradizione ci ricorda l’impiego delle castagne nell’ambito del ciclo mitologico e cultuale dell’uomo: la collana di castagne e mele. Diffusa in diverse zone d’Italia, come sull’isola de la Maddalena in Sardegna, questa tradizione prevedeva che per fabbricare la collana dovessero cercarsi i frutti bussando alle porte delle abitazioni, il giorno prima della Festa dei Morti, chiedendo un contributo per l’anima dei trapassati. Ad Albiano, nel Trentino, si preparavano le sfilze, vere e proprie corone di castagne infilate come una collana e preparate sia al forno, preoccupandosi di tagliarle per non farle scoppiare al calore, quindi bucate con un punteruolo e unite con un filo di canapa; sia affumicate sotto la cappa del focolare. Tutte queste tradizioni che più o meno resistono in un senso religioso e pagano sono state ultimamente affiancate da una festa meno spirituale ed un po’ più venale diffusa oramai in tantissimi luoghi e che la logica commerciale sta con successo importando in tutta Italia: la festa di Halloween.>> DA: "SHARDANA I CALCOLATORI del TEMPO" 

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